È il 1995, a Milano. Gabriele ha pochi istanti di vita quando viene portato d’urgenza in terapia intensiva neonatale. Ha ingerito accidentalmente del liquido amniotico. Non è in pericolo di vita, ma ha bisogno di cure e attenzioni costanti. Quel giorno il padre di Gabriele, che di nome fa Ezio, scopre per la prima volta da vicino cos’è e come funziona un reparto di Neonatologia, dove medici e infermieri salvano letteralmente bambini venuti al mondo prematuri. Fuscelli inermi, esili, fragili come il cristallo, che, in alcuni casi, arrivano a pesare meno di 800 grammi.
Per Ezio è la svolta della vita. Scopre un mondo fatto di drammi, amore, emergenze, una professionalità e una competenza infinite, della difficoltà estrema di trasportare i bimbi prematuri nei centri specialistici di terapia intensiva. Ezio chiede solo una cosa: “Cosa posso fare?” Il professor Rondini, il più importante neonatologo italiano, non ha dubbi: “Incubatrici. Abbiamo un tremendo, disperato bisogno di incubatrici.” Ed Ezio annota.
Gabriele, nel frattempo, si riprende, Ezio pochi giorni dopo può abbracciarlo per la prima volta. E intanto comincia a darsi da fare. Senza tregua. Nello stesso anno fonda la “Associazione Ezio Greggio” per l’assistenza pediatrica. Comincia a trovare partner, crea iniziative, coinvolge amici, colleghi, strutture. Ogni incubatrice costa tra i 40 e i 60mila euro, a seconda del modello. Lui destina gli interi diritti d’autore dei suoi libri per acquistare e donare queste preziosissime macchine ai reparti di Neonatologia di tutta Italia. In oltre 20 anni, attraverso la sua associazione, ha donato incubatrici a oltre 70 ospedali italiani, contribuendo a salvare circa 15.000 bambini prematuri. Ognuno con una sua storia da raccontare.